Mostre: la Madonna del Divino Amore di Raffaello arriva a Torino

madonna del divino amore di raffaello

Per la prima volta in mostra a Torino il dipinto Madonna del Divino Amore di Raffaello. Il capolavoro del maestro del Rinascimento sarà esposto fino al 28 giugno alla Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli con la collaborazione della Soprintendenza speciale per il Polo Museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta.

Negli ultimi anni sono state realizzate importanti mostre dedicate a Raffaello, che hanno messo a fuoco i diversi momenti del percorso artistico del pittore. Dalla mostra della National Gallery del 2004-05 a quella su Raffaello giovane di Urbino (2009) alle recentissime esposizioni dedicate all’ultimo Raffaello al Museo del Prado (2012) e al Louvre, (2013), si sono verificate numerose occasioni di studio, approfondimento e confronto.

“Un’altra iniziativa importante – sottolinea Fabrizio Vona, Soprintendente del Polo museale di Napoli – unisce nuovamente la Pinacoteca Agnelli e il Museo di Capodimonte in un comune programma di promozione del nostro prezioso patrimonio d’arte e di cultura, una collaborazione che ci auguriamo possa proseguire in futuro”.

Il Museo di Capodimonte ha partecipato con i suoi dipinti a queste iniziative, realizzando importanti interventi di restauro e campagne di indagini che hanno contribuito significativamente alla comprensione del complesso e affascinante iter creativo di Raffaello ed in particolare della celeberrima Madonna del Divino Amore.

Si è venuto così a costituire un patrimonio di conoscenze sui processi di ideazione e sulla tecnica esecutiva del pittore, solo parzialmente resi noti nelle più ampie mostre monografiche.

La mostra alla Pinacoteca Agnelli diventa l’occasione per presentare in maniera esauriente i risultati di questi studi e attraverso l’utilizzo di supporti digitali, che rendano fruibili le indagini riflettografiche e consentano di leggere, anche al grande pubblico, la struttura interna del dipinto e le numerose varianti e pentimenti dell’artista durante la stesura dell’opera, in serrato dialogo con i disegni e gli schizzi preparatori del maestro urbinate conservati nelle più prestigiose collezioni grafiche europee, due provenienti dall’Albertina di Vienna e uno dal museo delle Belle Arti di Lille. In occasione della mostra il Dipartimento Educazione ha ideato una serie di attività e workshop per bambini e adulti e per le scuole di ogni ordine e grado.

La Madonna del Divino Amore era ricordata da Giorgio Vasari nella Vita di Raffaello fra le più belle opere del periodo romano del maestro, eseguita per Leonello Pio da Carpi signore di Meldola e passata poi in possesso del cardinale Rodolfo, suo figlio. Acquistata dal cardinale Alessandro Farnese nel 1565 dopo la morte di Rodolfo Pio, rimase per quasi un secolo – oggetto di ammirazione e continuamente copiata – a Roma a Palazzo Farnese, dove è ricordata ancora nell’inventario del 1644, prima di essere trasferita a Parma nella quadreria di Palazzo del Giardino nel 1662, per pervenire poi a Napoli dopo il 1734 con Carlo di Borbone, che aveva ereditato la collezione dalla madre Elisabetta Farnese. Il recente restauro della Madonna del Divino Amore (2012) e la campagna di indagini scientifiche che lo ha preceduto hanno messo in luce la qualità dell’esecuzione e la raffinatezza della composizione del dipinto, frutto di un meditato processo di elaborazione certamente condotto da Raffaello.

L’autografia dell’opera, considerata per lungo tempo uno dei capolavori del maestro, era stata messa in discussione dalla maggior parte della critica a partire dalla fine dell’Ottocento. Sulla fortuna del dipinto aveva pesato non poco la presenza a Capodimonte di un grande disegno nella stessa scala della tavola, proveniente dalla collezione di Fulvio Orsini, attribuito a Giovan Francesco Penni, ritenuto il cartone preparatorio al dipinto, che ha indotto alcuni ad ascrivere anche all’allievo l’ideazione dell’opera.

Ma le indagini recentemente condotte hanno chiarito senza più dubbi che si tratta di una copia su carta tratta dal dipinto e non di un cartone preparatorio per la sua esecuzione. L’indagine riflettografica ha rivelato l’esistenza sulla tavola di un disegno preparatorio estremamente elaborato e creativo, sicuramente dovuto al maestro, e alcune sostanziali modifiche nella composizione apportate nel corso dell’esecuzione pittorica, che attestano l’autografia del dipinto, già celebrato da Vasari in termini entusiasti: “miracolosissimo di colorito e di bellezza singulare”, “condotto di forza e d’una vaghezza tanto leggiadra io non penso che è si possa far meglio”.

L’intervento di restauro ha evidenziato la qualità delle stesure pittoriche e il buono stato di conservazione del dipinto, recuperandone il raffinato cromatismo e liberando il manto della Madonna da antiche ridipinture che ne falsavano il volume. Dopo il restauro, la Madonna del Divino Amore è stata esposta nella mostra dedicata all’ultimo Raffaello (Prado, giugno settembre 2012 – Louvre, settembre 2012 – gennaio 2013), dove è stata sostanzialmente accolta l’attribuzione a Raffaello; per la datazione del dipinto, che in passato si tendeva a collocare negli ultimi anni di attività di Raffaello, dopo il 1518, ci si orienta ora verso una data più precoce, intorno al 1516.

L’allestimento della mostra è stato curato da Marco Palmieri. L’idea dell’allestimento per “La Madonna del Divino Amore” di Raffaello è nata dal desiderio di creare uno spazio intorno al dipinto, di sagomare lo spazio partendo dall’opera stessa.

Il tema è quello dell’amore materno, del Divino Amore. Due donne, una giovane e una anziana, la Madonna e Santa Elisabetta, guardano due bambini interagire, Gesù e San Giovannino. L’unica figura maschile, San Giuseppe, è calata nello sfondo, distante.

L’ambiente dove è allestita l’opera è buio ed avvolgente come un utero materno, a cui si accede attraverso un unico passaggio: un lungo corridoio che, da uno spazio esterno molto luminoso, conduce alla stanza interna dove è posto il dipinto. Il netto cambio di luminosità, dalla luce alla penombra, induce l’occhio a riabituarsi e il quadro, unico oggetto illuminato nella sala, appare come una visione. La stuoia posta sul pavimento attutisce i passi, ovattando lo spazio. La Madonna del Divino Amore è poggiata in una nicchia, senza cornice, ai suoi piedi una base che distanzia, protegge e ricrea la sacralità di un altare. L’ambiente ha una forma a dodecagono, un poligono regolare con una matrice geometrica cara a Raffaello.

L’inclinazione della parete su cui è esposto il dipinto richiama la leggera torsione del gruppo delle quattro figure principali, che sono ruotate di circa 15 gradi rispetto l’asse frontale di visione. Accedendo dal corridoio il visitatore si trova quindi il dipinto in posizione inclinata ma con il gruppo disposto frontalmente.

 

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